Dell’odio dell’innocenza: il disco divinatorio di Benvegnù

Non tutti riescono a scavare nella parte più vera dell’anima umana con il solo utilizzo delle parole. Paolo Benvegnù riesce da sempre a distinguersi nel panorama cantautorale italiano. La dimostrazione di questa sua sensibilità è l’ultimo album “Dell’odio dell’innocenza”, appena uscito per Black Candy Produzioni. Un disco profetico e pieno di sfumature che il chitarrista, cantautore e produttore ha raccontato, sabato 18 aprile, durante la quarta puntata di #seiacasa,  il salotto virtuale del Sei – Sud est indipendente. Il festival pugliese ideato, prodotto e promosso da Coolclub – con la direzione artistica di Cesare Liaci – non si è fermato durante la prima fase dell’emergenza Coronavirus, proponendo un nuovo format sui social. Durante la breve intervista (guarda a questo link) Benvegnù, che ha esordito negli anni ’90 con la band alternative-rock Scisma, ha proposto anche alcuni brani del suo ultimo disco e “Cerchi nell’acqua” del suo cd d’esordio da solista “Piccoli Fragilissimi Film”, uscito nel 2003.

“Dell’odio dell’innocenza” è un disco profondo, un’intuizione artistica che sembra raccontare la parte più cruda e vera dell’umanità. Come nasce?
Ci sono varie spiegazioni. Innanzitutto ho il problema di soffrire di vastità: ho una vita dove con i miei compagni ho scritto questi pezzi; un’altra in cui i pezzi li ho ascoltati da qualcun altro e li ho messi su questo disco; un’altra in cui faccio il panettiere; un’altra in cui sono mare; un’altra in cui sono una sirena. Fatto sta che tornando dallo spazio, le due sensazioni che avevo in me erano l’odio verso gli umani e l’innocenza cieca che è quella che gli esseri umani non calcolano mai e quindi l’idea è stata quella di scrive un disco abbastanza divinatorio. Il periodo è infausto soprattutto dal punto di vista della confusione che regna e normalmente io faccio dischi per capirmi e allora per me anche questo disco serviva per capire che cosa poteva succedermi nei giorni successivi e adesso lo so… mi toccava la quarantena .

Nel singolo “Pietre” si ascolta “Aspettare in silenzio/ Aspettare la quiete/ E i fiori si riprenderanno/ grattacieli ed autostrade / i fiori si riprenderanno tutto”…  Una frase – possiamo dire – profetica che mi ha un po’ spiazzato, perché contestualizzandola è quello che in parte sta accadendo durante questa quarantena che vede spazi urbani e non solo, ripopolati da animali e piante. Credi che l’umanità ne uscirà rinsavita da questa situazione?
Io non sono pessimista, sono realista e sono sicuro che ne usciremo coglioni come sempre anche se le avvisaglie ci sono e anche se molte persone lo hanno capito prima ma vengono viste come “Cassandra”, quando invece hanno solo una sensibilità migliore. In questo momento gli antichi piangerebbero i morti, poi aiuterebbero quelli più fragili, e successivamente penserebbero all’economia e al mercato. È un disattendere ciò che gli antichi e saggi farebbero. Quindi non sarà meglio perché gli uomini sono stupidi per davvero e le pietre e le piante ne sanno qualcosa più di noi.

Sei anche un produttore oltre ad essere un musicista e cantante. Che cosa pensi della scena musicale attuale?
Ho raggiunto una consapevolezza negli ultimi giorni: sta crescendo una generazione di ventenni molto arrabbiati, giovani consapevoli di essere presi in giro e che stanno usando l’arte come arma di difesa. Se non si faranno fregare e non diventeranno stupiti bramando il successo a tutti i costi, allora avranno un futuro perché questa terra è ricca di intuizioni. Non serve far successo ma far succedere le cose (ride ndr) ma questa frase non è mia, è di Bergonzoni!

Negli ultimi giorni si stanno ascoltando molti appelli da parte di artisti famosi proprio per sensibilizzare la società riguardo le difficoltà che il mondo della musica sta vivendo in questo periodo. Qual è la tua visione su questo? Credi ci sia un’alternativa al live?
L’alternativa al live io non la vedo. Poi, per prima cosa, la butto sulla “liquidità” poetica, riferendomi al fatto che ora “piangerei” i morti, perché di morti parliamo, di quelli annegati e lasciati da soli. Quelli più forti in questo campo potrebbero utilizzare i loro “liquidi” aiutando le persone più deboli, tipo gli anziani. E poi dopo, soltanto dopo, inizierei a parla di “liquidità” economica, di quella di cui si lamentano artisti più famosi e non noi, piccoli funamboli.. direi che bisogna prima pensare a mettere in salvo le persone e poi le economie. In fondo dopo la Seconda Guerra Mondiale è stato fatto così, si sono contati i morti e i feriti e si è ripreso a ricostruire… Ma non si possono fare previsioni.

Cristiana A. Francioso