Un viaggio distopico e post apocalittico di uno strambo personaggio nel mondo contemporaneo: da venerdì 22 dicembre (vernissage ore 20:30 – ingresso libero) a mercoledì 31 gennaio (dal lunedì al sabato dalle 16:30 alle 21) le Officine Culturali Ergot di Lecce ospitano la mostra “71% Annegare sulla terra, nell’attesa di essere sommersi” di Giacomo Rosato. Gli scatti del fotografo, appassionato d’arte e di musica, tra i fondatori del collettivo ShotALive, sono arricchiti dalle liriche del poeta e scrittore Dario Goffredo. Il protagonista assoluto della mostra è un palombaro giallo che si muove sulla terraferma con la stessa scioltezza con cui si muoverebbe in acqua. Estraneo al suo ambiente naturale, eppure perfettamente inserito nel contesto. Punto fondamentale dell’esposizione è la doppia chiave di lettura che l’autore vuole fornire con i suoi scatti.
Da un lato c’è un’intenzione ecologica, onirica denuncia al mondo moderno e alla sua pressoché nulla attenzione per l’ambiente circostante. Le prossime catastrofi naturali paventate dagli scienziati, soprattutto lo scioglimento dei ghiacciai dovuto al surriscaldamento della superficie terrestre, conseguenza di un inesorabile cambiamento climatico, porteranno molte delle terre emerse a essere inondate, aumentando così la percentuale di acqua sul pianeta Terra, che al momento rappresenta il 71% (e qui si svela il titolo della mostra). Il palombaro esce da un relitto arrugginito di una nave alla fine del mondo, quasi fosse quella mezzaluna di spiaggia narrata al termine della “Strada” di Cormac McCarty, e muove i suoi passi prendendo sempre più confidenza con il mondo, attendendo l’autobus a una fermata a ridosso di un canneto, fermandosi nel freddo e nella pioggia di una stazione di servizio, acquistando del cibo a un food truck, imbracciando una stecca per giocare a biliardo, e spostandosi poi tra paesaggi desolati, alberi spogli e andati in cenere, un lungomare notturno deserto, edifici cadenti e abbandonati, alla ricerca di un nuovo equilibrio. Luoghi che si stagliano tra necessità e disillusione, nel barlume di una sensibilità nuova, una capacità di mettere in discussione atomi, persone, paesi, continenti e perfino universi.
Dall’altro lato c’è poi una chiave di lettura più intima, legata all’inadeguatezza dell’essere umano, alla solitudine del diverso, all’incapacità di adattarsi ed essere accettati se non ci si conforma, se non si sposa completamente una filosofia, una religione, uno schieramento politico, un branco. Allora si sceglie dove collocarsi. “Sei punk, comunista, hippie, cattolico, ateo, fascista, ultrà. Scegli ciò che più ritieni tuo, per essere parte di qualcosa”, spiega Giacomo Rosato.
Poi però si vede che i propri simili non sono più tali, sono fatti in serie. Abbracciano totalmente delle regole decise da altri, vestono tutti uguali, pensano le stesse cose, non riescono a fare emergere le differenze, anche quelle minime, per paura di essere esclusi dalla comunità. Muore il confronto e vince l’apatia della zona di comfort.
Il palombaro è letteralmente un pesce fuor d’acqua, se stesso in un altro ambiente, in un circuito che parte dall’acqua, dove è nata la vita, transita dalla terraferma, dove si è sviluppata, per poi ritornare nuovamente negli abissi: un sommozzatore che attraversa le epoche. Uscendone di nuovo, il palombaro non è più riconosciuto dai propri simili. È costretto a vivere una vita tenendosi al riparo dagli stimoli esterni, mettendo una protezione tra sé e l’ambiente circostante, ma non potendo fare a meno di abbracciare le più disparate declinazioni di realtà, tra riflessivi momenti di solitudine e occasioni di socialità, sia essa desiderata o subita. Perché cercare i propri simili, consciamente o inconsciamente, è un istinto naturale, un bisogno impossibile da ignorare. Essere compresi fa sentire a casa, fa abbassare le difese. È stimolante e sedante allo stesso tempo. Solo alla fine del percorso il palombaro si leverà il casco, mostrando a tutto il mondo, e anche a se stesso, chi è. O chi non è.
Info 0832246074.