Alessandro Barbano è un giornalista e saggista. Dopo le esperienze come vicedirettore al Nuovo Quotidiano di Puglia e al Messaggero, dal 2012 al 2018 è direttore del “Mattino” di Napoli. Laureato in giurisprudenza all’università di Bologna, ha alle spalle quasi quarant’anni di professione. Ha insegnato all’università La Sapienza di Roma, all’università del Molise, alla Link Campus University e all’istituto di studi superiori Suor Orsola Benincasa di Napoli. È autore di saggi dedicati al giornalismo e libri su temi di carattere politico e sociale: “Professionisti del dubbio” (1997), “L’Italia dei giornali fotocopia” (2003), “Degenerazioni. Droga, padri e figli nell’Italia di oggi” (2007), “Dove andremo a finire. Dialoghi con Alessandro Barbano” (2011). Nel 2012 ha pubblicato il “Manuale di giornalismo”, scritto in collaborazione con Vincenzo Sassu, adottato come libro di testo in molte università italiane. Ha scritto inoltre per Mondadori “Troppi diritti. L’Italia tradita dalla libertà” (2018) e “Le dieci bugie” (2019).
Alessandro Barbano con “La visione. Una proposta politica per cambiare l’Italia” nel Salento
“La visione. Una proposta politica per cambiare l’Italia” è il titolo del nuovo saggio di Alessandro Barbano, da poco uscito per Mondadori. Il giornalista leccese, già direttore del Mattino, dopo l’esperienza da vicedirettore al Messaggero e al Nuovo Quotidiano di Puglia, sarà mercoledì 5 (ore 19:30 – ingresso libero fino a esaurimento posti) nel cortile esterno della Libreria Liberrima di Lecce (con Biagio Marzo e Sergio Pizzolante) e lunedì 10 agosto (ingresso libero fino a esaurimento posti) nel fossato del Castello Volante di Corigliano d’Otranto per la rassegna Io non l’ho interrotta (con Biagio Marzo e Marianna Aprile).
C’è un luogo comune che si è fatto strada e oggi circola liberamente nella nostra società. E cioè che non serva la politica, quella con la P maiuscola, per uscire dalle crisi. Tuttavia l’emergenza coronavirus lo ha smentito con chiarezza. Come rileva Alessandro Barbano in questo libro, la lotta alla pandemia ha enfatizzato ovunque lo scontro tra due visioni alternative del mondo, l’isolamento nazionalista e la solidarietà globale, e le relative strategie. In Italia in particolare la polarizzazione del quadro politico, con una destra sovranista che tutto semplifica e una sinistra frantumata ancora alla ricerca di un’identità, ha imposto, per dirla con le parole dell’autore, una visione «virologica» della crisi, in cui la classe dirigente ha abdicato alla sua funzione di filtro delle decisioni. In questo scenario paludoso, in cui tanto la maggioranza quanto l’opposizione condividono una strategia di stabilizzazione in chiave bipolare, Barbano si chiede se esista lo spazio per un riformismo alternativo capace di sanare la frattura che si è creata fra libertà e responsabilità, uno spazio dove recuperare la complessità del reale che il populismo e un certo giornalismo d’assalto mirano a banalizzare. La risposta è sì ed è questa «visione» a delineare una nuova prospettiva in grado di cambiare il nostro Paese. Lo chiamano «terzo polo» o «idea di centro». Consiste nel rilancio di un compromesso fra tre culture, quella liberale, quella popolare e quella socialista, declinate in una nuova forma di rappresentatività che sappia dare risposte complesse ma credibili a problemi specifici. Si tratta di quesiti chiave per la nostra democrazia che investono, per esempio, il rapporto con l’Europa, le politiche economiche e in particolare il debito pubblico; la riforma della legge elettorale e il finanziamento dei partiti; la ricostituzione di una corretta intermediazione tra cittadini e governanti, riagganciando la delega alla competenza; la riforma della giustizia; il rapporto con le altre culture e la gestione dei migranti; la rivalutazione del merito in ambito non solo scolastico. È una visione alternativa alla destra e alla sinistra, estranea ai vecchi contenitori e autonoma rispetto alle future alleanze; capace di chiamare alla responsabilità una leadership autorevole e un quadro dirigente plurale, e di attuare scelte ispirate a una visione strategica e non solo tattica. Una prospettiva che si riconosce nel dialogo e nella sintesi tra la cultura liberale, la cultura cattolica e la cultura riformista, perché nessuna di queste, presa singolarmente, è più sufficiente.