Il catalogo – dopo i saluti di Loredana Capone (assessore all’Industria culturale e turistica della Regione Puglia) e Stefano Minerva(sindaco di Gallipoli e presidente della Provincia di Lecce) e l’introduzione dei tre curatori – ripercorre tra immagini e testi in italiano e inglese il senso e i contenuti della mostra apprezzata da migliaia di visitatori. Nel XVIII secolo la produzione e l’esportazione di olio dalla Puglia e in particolare dalla Terra d’Otranto raggiunsero l’apice. Il 90% dell’olio che si esportava dalla Puglia nel 1700 era olio lampante, olio chiaro e grasso, acquistato specie dagli Stati esteri per l’illuminazione, per la lavorazione della lana e per fabbricare il sapone. “Lampante” è stata la “messa in scena” di un territorio e del suo bene più prezioso: l’olio, le sue eccellenze, le tante storie, le mille rotte e le preziose tracce. La storia è stata raccontata attraverso un percorso sull’archeologia dell’olio con i reperti provenienti dal Museo Sigismondo Castromediano di Lecce a cura di Anna Lucia Tempesta; una selezione della preziosa collezione di lucerne storiche e rare del Museo dell’olivo e dell’olio della Fondazione Lungarotti di Torgiano in Umbria; una originale raccolta dei contenitori di olio provenienti da Casa Vestita di Grottaglie; una selezione di cimeli del saponificio storico L’abbate; un’inedita collezione privata dei maestri bottai Tarantino; un lampione (riproduzione di un originale della seconda metà dell’800) proveniente da una strada del centro storico di Dublino grazie alla collaborazione con la Fondazione Neri – Museo italiano della ghisa di Longiano. Non sono mancate le contaminazioni con l’arte e il contemporaneo grazie a “Cavalieri ardenti”, l’antologica di Armando Marrocco a cura di Toti Carpentieri, che vede una sequenza di opere storiche nelle quali, tra antropologia e sacralità, si riconosce al lampante l’inequivocabile status di materia creativa; una installazione site specific “Un mare di luce” e una mostra fotografica degli ulivi secolari di Puglia di Giovanni Resta. Infine, è stato possibile immergersi in un frantoio grazie alla realtà virtuale a cura di Francesco Gabellone (architetto – Cnr / Istituto per i beni archeologici e monumentali di Lecce) coadiuvato da Maria Chiffi.
Il Castello di Gallipoli – gestito dall’Agenzia di Comunicazione Orione di Maglie, con la direzione di Luigi Orione Amato e la curatela dell’architetto Raffaela Zizzari – dopo decenni di chiusura e incuria, da luglio 2014 accoglie turisti provenienti da tutto il mondo, dalla Puglia e dal Salento ma soprattutto i cittadini della città bella che da troppo tempo vedevano negata la possibilità di apprezzare sale, torrioni, gallerie, corridoi, di ammirare la bellezza della luce del sole sulle pareti dell’atrio e il panorama mozzafiato che regalano le terrazze circondate dal mare Jonio. Tra le mostre ospitate la personale di e con Michelangelo Pistoletto nell’estate 2015, “I porti del Re, Jakob Philipp Hackert dalla Reggia di Caserta al Castello di Gallipoli”, che nel 2017 ha consentito di esporre preziosissime tele settecentesche che rappresentano il passato e la storia del nostro territorio, oltre a numerose collettive di artisti e fotografi pugliesi e non, concerti, spettacoli, presentazioni, visite teatralizzate e eventi privati. Il Castello è diventato un polo di attrazione aperto e funzionante nell’arco di tutto l’anno e grazie ai risultati economici dell’attuale gestione, dal 14 aprile 2016, è stato acquisito al Demanio del Comune di Gallipoli, permettendo una disponibilità completa e indipendente del bene dal Demanio Statale.