Anticipato dai singoli “Ça va?”, “Matteo non c’è” e “Friends Forever” il 10 aprile è uscito, per Bomba Dischi, “Piramidi“. Il secondo album del giovane cantautore romano Germanò, dopo l’esordio solista nel 2017 con “Per Cercare Il Ritmo“, vede sia un’evoluzione musicale, anche grazie alla coproduzione di Matteo Cantaluppi, sia un ulteriore affinamento delle liriche. Sabato 11 aprile il cantautore è stato tra gli ospiti della terza puntata di #SeiACasa. Il Sei – Sud est indipendente, festival pugliese ideato, prodotto e promosso da Coolclub – con la direzione artistica di Cesare Liaci – non si è fermato infatti per l’emergenza Coronavirus e propone un nuovo format da salotto sui social. Durante la puntata Germanò ha raccontato il processo creativo di Piramidi, album che ha definito “nato al computer”, proponendo alcuni brani. Guarda il video QUI.
Partiamo con la prima domanda. Com’è cambiato il tuo processo creativo nell’intermezzo di questi tuoi lavori?
Piramidi è stato concepito in maniera diversa rispetto ai primi lavori. È un disco che ho fatto completamente a casa, dal computer, mentre il primo era un disco più democratico, suonato con altri musicisti e registrato in saletta, perché volevo quanto meno possibile la presenza di suoni campionati e senza artifici. Diciamo che questo album è un disco nato più in solitaria, concepito in casa e creato attraverso pre – produzioni. Prima di farlo ascoltare ad altre persone, ho voluto fossi in primis io ad esserne soddisfatto. Sicuramente è un lavoro che parla meno dei cazzi miei ed è stato uno sforzo personale nemmeno troppo facile, però sono abbastanza contento perché penso che risulti, nonostante questo, un disco abbastanza vicino a me.
Nella tua biografia leggiamo “cresciuto con l’idea di vivere all’estero” e infatti hai vissuto delle esperienze sia a Londra che in Australia. Poi sei tornato qui in Italia e, nonostante tu abbia sicuramente padronanza con l’inglese, hai deciso che la lingua con cui vuoi divulgare la tua musica debba essere l’italiano…come mai?
Perché comunque c’è tanta musica in giro e in primis quello che faccio investe chi mi circonda: amici, conoscenti, parenti. Scriverlo nella mia prima lingua permette loro di empatizzare molto di più, soprattutto se si vuole dire qualcosa, se la musica che mi viene da fare porta un messaggio. Un domani, se mai volessi fare una mera ricerca estetica della musica, forse potrei scrivere in inglese. Per ora sento che la scelta dell’italiano sia quella giusta.
Domanda di rito – e forse un po’ inflazionata – come stai trascorrendo questa quarantena?
Sto trascorrendo questa quarantena in esilio a Torino, ospite dal mio amico. Hanno chiuso tutto mentre era in visita qui, ed ora sono rimasto con due cambi – ride -. Ho provato ad andare in stazione per tornare a Milano ma per le ovvie restrizioni sono costretto a rimanere qui fino al 3 maggio.
Cristiana A. Francioso